Il Presidente in occasione della Giornata del Medico 2025: “Auspichiamo una sanità dove ogni individuo si senta una Persona accolta, fondata sul rispetto del rapporto di fiducia tra medico e paziente, e che non guardi solo alle prestazioni”
In occasione della Giornata del Medico 2025, che si è svolta venerdì 4 ottobre scorso nella prestigiosa cornice del Tearo Comunale di Vicenza, il Presidente OMCeO Vicenza, Michele Valente, ha parlato ai presenti, colleghi e autorità, di molti temi attuali tra sanità pubblica, vocazione professionale e sull’evoluzione della figura del Medico.
Ne riportiamo di seguito alcuni passi.
“Gli Ordini provinciali sono soliti dare il benvenuto ai giovani colleghi con una cerimonia, il cosiddetto "Giuramento di Ippocrate" che, durante gli anni della mia presidenza, non ho mai considerato come un formale rituale ma come un approccio all'esercizio della professione che non si impara solo all'Università ma si acquisisce con la pratica quotidiana.
Fare il medico è certamente una Professione impegnativa che richiede preparazione, dedizione, competenze scientifiche e tecnologiche, ma anche umiltà oltre a una grande curiosità intellettuale che sostiene ogni uomo colto.
E il medico lo è per definizione.
Una laurea magistrale universitaria ti consente di fare il medico ma per essere medico non bastano le conoscenze, e le capacità professionali perché la Medicina è una prassi che si avvale della scienza ma che si muove in un mondo di valori.
Il Medico, rispetto al laureato in Medicina, deve possedere quel qualcosa in più che è l’humanitas, che sono i valori etici, patrimonio imprescindibile della nostra Professione.
Perché l’esercizio di questa nobile Professione presuppone la capacità di associare sapere scientifico e approccio umanistico.
Un anno fa, da questo palco, indicavo una serie di problematiche e criticità che se non risolte avrebbero portato la nostra sanità ad una crisi profonda da cui sarebbe stato difficile poi risollevarsi.
Ora, devo purtroppo constatare che, le contraddizioni nella sanità si sono accentuate.
La sanità pubblica italiana è seriamente malata. E oramai diventa sempre più difficile poterla salvare. Condizione necessaria sarebbe che le forze politiche vi si impegnassero con la dovuta determinazione.
Il quadro è come quello di un malato grave circondato da medici improvvisati, più dannosi che utili. Controllano i sintomi: un po’ di Tachipirina, anche un po’di ossigeno.
In altre parole: ospedali di comunità, case della salute, medici di medicina generale dipendenti …quando negli ultimi 10 anni, sono stati chiusi in Italia 372 Pronto soccorso, 111 ospedali minori e ridotti i posti letto di 37.000 unità, e i MMG sono diminuiti di quasi 10.000 unità (di cui 4500 solo negli ultimi 4 anni).
Pur sapendo che il Paese invecchia e la gente si ammala sempre di più!
Cosa fa il bravo Medico di fronte a un malato grave?
Mentre tenta di mantenerlo in vita cerca le cause della malattia per impostare una strategia terapeutica perché vuole salvarlo.
Invece di fronte a una sanità malata non si affrontano i veri problemi e vengono messe in atto misure palliative, soluzioni di breve respiro che non incidono sulle cause strutturali.
Restano inevase le domande fondamentali:
perché la sanità è in grave crisi? E quale modello di sanità vogliamo?
Quello universale e pubblico della riforma istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (la 833/78) o il modello aziendalistico sviluppatosi con le successive controriforme?
Sono due visioni contrastanti diventate oramai incompatibili.
Nell’immaginario collettivo, la sanità da difendere è quella universale della riforma del 78 con i dovuti aggiustamenti adattati alla società attuale.
La chiarezza su questo punto è decisiva.
Migliorare la sanità-azienda non è possibile: essa è frutto delle logiche del neoliberismo che attraverso politiche di deregolamentazione (più o meno occulte) hanno favorito la libertà di mercato anche in sanità (come per le imprese).
Attualmente, il Servizio Sanitario è ridotto a un mercato di prestazioni, le Aziende sanitarie sono diventate fabbriche di prestazioni per cui quello che conta è la produttività del processo organizzativo: i Medici sono ridotti a fattori di produzione (produttori di prestazioni) e i pazienti sono ridotti a semplici clienti e consumatori.
In nome della produttività, il sistema è governato con logiche burocratiche, rigide e autoritarie: i medici devono adattarsi ad un sistema rigido imposto dal management.
Si perché nella sanità azienda, i medici si trovano spesso costretti a subordinare la loro attività professionale e assistenziale agli obiettivi economicistici imposti dal loro datore di lavoro, riducendo il tempo di cura per aumentare il numero delle prestazioni.
Non stupisce che tanti Medici e operatori sanitari si allontanino, sentendosi estranei a un simile sistema che ha smarrito i valori fondativi della professione medica, mettendo al primo posto gli obiettivi di carattere economico rispetto a quelli di salute che dovrebbero, invece, essere il principale scopo del sistema.
Quest’anno il Servizio Sanitario Nazionale compie 47 anni.
Ci si chiede se dopo 47 anni, il Servizio Sanitario abbia bisogno di una revisione?
Certamente si!
Sono infatti cambiati il mondo, la società e soprattutto la medicina.
Questo modello ha fatto il suo tempo: poteva ancora andar bene in tempi passati quando i costi in sanità erano più sostenibili e le cure erano prevalentemente orientate sui malati acuti. Ora viviamo in piena epidemia della cronicità e della non autosufficienza
Il nostro Servizio Sanitario Nazionale, solidale ed accessibile a tutti indipendentemente dal reddito, è una sorta di assicurazione finanziata con soldi pubblici e di cui tutti possono godere. E tutti dovrebbero contribuire a pagare i contributi dovuti, come si fa per qualsiasi altra nostra assicurazione.
I pregi di questo modello sono indiscutibili. Ma attualmente è gravato da un progressivo e costante sottofinanziamento che si protrae oramai da almeno 15 anni.
La sanità pubblica non è più sostenibile?
Certo! Se si continua a considerare l’assistenza sanitaria solo come una spesa quando invece va considerata come un investimento.
La salute di un popolo costituisce la vera ricchezza di un Paese.
È necessario cambiare il paradigma e il modo in cui concepiamo l'assistenza sanitaria: non più come un costo, ma come un investimento:
Secondo il rapporto del Censis, ogni euro investito nella sanità pubblica genera quasi due euro di valore della produzione e (sempre il Censis) ha dimostrato come la spesa sanitaria produce effetti positivi sull'economia, creando domanda, occupazione e sviluppo.
Investire nel Servizio Sanitario Nazionale (SSN) si configura quindi come un investimento non solo sociale ma anche economico, che sostiene il PIL e tutto l'indotto.
Il 10 luglio scorso ho partecipato a Roma ad una riunione di tutti i Presidenti degli Ordine d’Italia con la presenza di numerosi Presidenti degli Ordini Europei e anche di Ministri della Sanità dei Paesi europei. In quella occasione è stata firmata la Carta di Roma intitolata “La salute come investimento”
Il documento afferma un principio fondamentale: la salute deve essere riconosciuta non solo come un diritto individuale ma come un investimento strategico per lo sviluppo economico e sociale dei Paesi. E deve essere considerata una priorità strategica per i nostri paesi europei al pari della sicurezza, della energia, della difesa, delle comunicazioni.
É necessaria una nuova vision da parte della classe dirigente di questo Paese, ma mi rendo conto che forse chiedo troppo (ai nostri politici distratti). una vision, dove la salute e il benessere della collettività e quindi gli investimenti nel Servizio Sanitario rappresentano, una leva di sviluppo economico da sostenere / e non come un semplice costo.
Come del resto avviene nei Paesi del Europa Occidentale.
Quello che è certo è che la sanità del futuro dovrà essere una sanità diversa da quella aziendalistica.
*Una sanità dove ogni individuo non si senta un numero, un estraneo, ma una Persona accolta che possa affidare la propria salute ai professionisti, con fiducia, nel pieno rispetto della dignità che si deve ad ogni Persona.
*Una sanità orientata e fondata sul rispetto del rapporto di fiducia tra medico e paziente, che sia garante del diritto di scelta del proprio medico da parte del cittadino.
*Una sanità che non guardi solo alle prestazioni ma sia capace di prendersi carico dei malati, dei fragili e di chi ha bisogno...e che metta il cittadino nelle condizioni di poter decidere liberamente della propria vita.
Non esattamente i cambiamenti che ci sembra di osservare oggi.
O si fa finalmente una seria riforma (ascoltando anche i medici e chi ci lavora nella sanità) o si farà strada una sanità che ricalcherà sempre di più il modello americano: già ora circa 5 milioni di italiani rinunciano alle cure.
Già stanno aumentando le Facoltà di Medicina private, che stanno preparando medici e infermieri funzionali alle logiche gestionali ed economicistiche delle holding assicurative che operano nel mercato della sanità …
Pensare a quale sanità vogliamo, vuol dire pensare al tipo di società che vogliamo.
La questione non è solo tecnica o per addetti ai lavori ma strategica e politica.
La domanda che rivolgo è questa:
La salute deve stare dentro o fuori dal libero mercato?
E il welfare deve essere accessibile a tutti quelli che ne hanno bisogno, equo, solidale o regolato dalle logiche della libera concorrenza del privato, probabilmente più attento ai profitti?
E tempo di dirlo con parole semplici comprensibili a tutti
e anche ai rassegnati o a chi ha smesso di votare.
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Permettetemi di rivolgermi direttamente a Voi, giovani colleghi
Voi rappresentate il meglio di quanto i nostri sistemi formativi riescano a creare, e per raggiungere il vostro obiettivo avete dovuto fare grandi sacrifici.
Col Giuramento completerete quanto previsto dall’ordinamento e dalle norme deontologiche ed entrerete a pieno titolo nella Professione. Una professione che ha la bella età di 2400 anni e che oggi come allora chiede a chi la pratica la fedeltà a due discipline: quella della scienza e quella dell’etica.
Consentitemi di trasmettervi alcune riflessioni sulla nostra Professione di Medici.
È giusto che un medico senior saluti i giovani colleghi, freschi di laurea, e dia loro una qualche idea su quello che andranno ad affrontare.
Cosa significa essere medico oggi? E come sta cambiando la professione?
Siamo all’inizio di una rivoluzione che potrebbe trasformare radicalmente il settore sanitario.
Oggi le applicazioni della intelligenza artificiale (IA) in Medicina sono una realtà tangibile che sta già plasmando profondamente il mondo della medicina.
L’IA si sta affermando come uno degli strumenti più potenti che la medicina moderna abbia mai avuto a disposizione.
Voi giovani, avrete la possibilità di vivere un futuro professionale entusiasmante. perché avrete il vantaggio di affiancare le vostre capacità e competenze scientifiche con le grandi potenzialità fornite dalle innovazioni tecnologiche che potranno facilitare sempre di più le decisioni e il lavoro dei medici riducendo le probabilità di errori, a vantaggio della sicurezza dei pazienti.
Si va sempre più verso si una medicina di precisione.
Accanto a opportunità e vantaggi si prospettano anche problematiche etiche e umane.
Non è solo questione di adozione di nuove tecnologie, ma anche di cambiamento culturale e formativo
Siamo pronti a questi cambiamenti?
La risposta a questa domanda dipende dalla nostra capacità di abbracciare l’innovazione senza perdere di vista ciò che rende la medicina una scienza al servizio dell’umanità.
E per questo l’IA deve rimanere uno strumento al servizio del medico, non un sostituto ma un potenziatore delle sue capacità.
Cambiano gli strumenti e i metodi di cura, ma non cambia l’oggetto delle cure, che è sempre la persona malata e bisognosa.
La vera sfida che vi si presenta sarà quella di conservare la capacità di saper coniugare l’approccio tecnico al malato con la dimensione umana della medicina, perché noi abbiamo a che fare con la vita e la morte, con la sofferenza e il dolore della gente.
Del resto, se tutti noi abbiamo scelto di fare i medici è perché crediamo nei valori della solidarietà umana e della scienza coniugata al servizio dell’uomo e per il bene delle persone.”