La Corte di Cassazione ha ribadito, con la sentenza n. 40316 del 4 novembre 2024, un principio cruciale in materia di responsabilità medica: il Medico ha il dovere di discostarsi dalle linee guida quando le condizioni cliniche del paziente e le buone prassi mediche lo richiedano. Tale obbligo si configura in particolare nei casi in cui il rispetto delle linee guida risulti inadeguato rispetto all’obiettivo della migliore cura possibile per il paziente.
Le linee guida, secondo i giudici, non hanno carattere precettivo assoluto, bensì devono essere considerate come regole cautelari flessibili, valide solo se adeguate al caso specifico.
LA DIFESA E LA POSIZIONE DELLA CASSAZIONE
La difesa del sanitario si era fondata sul rispetto scrupoloso delle linee guida, che non prevedevano l’obbligo di un monitoraggio cardiotocografico continuo in assenza di specifiche condizioni, ritenute non presenti nel caso concreto. Inoltre, si era sostenuto che l’eventuale colpa, al massimo, poteva essere qualificata come lieve, invocando l’applicazione dell’art. 3 della Legge Balduzzi, all’epoca in vigore, che escludeva la punibilità in presenza di colpa lieve.
La Suprema Corte ha rigettato la linea difensiva che si era fondata sul rispetto scrupoloso delle linee guida, richiamando la giurisprudenza consolidata che attribuisce alle linee guida una funzione orientativa, non vincolante. Le linee guida, secondo i giudici, non hanno carattere precettivo assoluto, bensì devono essere considerate come regole cautelari flessibili, valide solo se adeguate al caso specifico. Come stabilito dalle Sezioni Unite Mariotti (SS. UU. n. 8870/2017), il medico è chiamato a verificare se, nel quadro clinico concreto, il rispetto delle linee guida sia compatibile con l’obiettivo di garantire la migliore cura possibile.
LE IMPLICAZIONI DELLA SENTENZA
La Cassazione ha sottolineato che il rispetto delle linee guida, quando queste si rivelino inadeguate al caso concreto, non esonera il sanitario da colpa grave. Anzi, il medico ha il dovere di adottare un approccio critico, discostandosi dalle indicazioni standard quando le condizioni cliniche del paziente lo richiedano. In definitiva, la sentenza conferma un principio fondamentale per la responsabilità medica: le linee guida non rappresentano uno “scudo” per il sanitario, ma uno strumento di orientamento che deve essere integrato con una valutazione attenta e personalizzata del paziente.
La vicenda pone l’accento sull’importanza di un approccio medico che, pur basandosi sulle linee guida, sia sempre in grado di adattarsi alle specificità del paziente. Un monitoraggio costante e una diagnosi tempestiva avrebbero potuto evitare l’esito infausto di questo caso, evidenziando come l’aderenza cieca agli standard non possa mai sostituire la responsabilità e il giudizio clinico del medico.