Dott. Massimiliano Zaramella

Recentemente, su numerose testate giornalistiche, in web e sul sito ufficiale della Regione Veneto, è comparso il comunicato stampa, con stralci del dossier e di interviste, del sunto per l’anno 2024 della sanità veneta.


Da medico che da 30 anni lavora in Veneto e quindi vive quotidianamente la nostra sanità regionale, ma anche da paziente e da familiare di pazienti, ho letto, ascoltato e studiato per bene tutto.

Nel ripercorrere la narrazione del Presidente della Regione Veneto ero in un disagio ovattato, leggevo di quella che è la mia vita quotidiana con la sensazione di sentirmela raccontare da un eco lontano, in una lingua tanto fredda da sembrare robotica (magari era l’Intelligenza Artificiale), frullata prima in una centrifuga e poi passata in un setaccio dal quale potessero uscire solo le pagliuzze d’oro.
A parlare sembrava l’amministratore delegato di un’importantissima azienda produttrice di auto che sciorinava numeri, percentuali e grafici di un incrementata produttività: abbiamo prodotto e venduto un sacco di macchine, nonostante la congiuntura economica e storica sfavorevole del mercato, il nostro è un brand che funziona!

L’anno dei record”, “prestazioni aumentate in numeri assoluti e percentuali”, “metodo controllo gestione”, “mole di prestazioni che continua a crescere”, “il sistema ha continuato ad aumentare le sue performances”, “+13% delle richieste di prestazioni”, “+7% per gli interventi chirurgici”, “+22% degli interventi del SUEM 118”.

Non una parola sui malati, sui familiari, sui caregivers, sul personale sanitario.
Anzi no, in realtà un passaggio sul personale sanitario è stato fatto, ringraziandolo in quanto “ha consentito di produrre di più a risorse invariate”.

In una conferenza sulla sanità avrei voluto si parlasse anche di prolungamento (o no) della vita media e della sua qualità per i veneti, del miglioramento della salute e del benessere, dell’aumentata sopravvivenza dei nostri cittadini rispetto alle patologie più diffuse, dei dati sulla prevenzione, della percezione della presa in cura che hanno i nostri pazienti, degli aiuti ai familiari dei pazienti, della soddisfazione del personale sanitario, della valorizzazione e della tutela del personale sanitario anche dalle aggressioni, dell’attenzione e dei progetti per la terza età, delle rette e della qualità delle case di riposo, della riforma delle IPAB, del disagio giovanile, dell’aumento delle patologie psichiatriche, dell’impegno verso l’inquinamento ambientale come fattore di rischio per la salute, ma, ahimè, a nulla di tutto questo è stato accennato.

L’unica vera cifra che merita in realtà di essere sottolineata con grandissima attenzione è quel 70% di accessi impropri (pazienti che dovrebbero trovare risposta altrove) al Pronto Soccorso, perché mancano le strutture intermedie o alternative al Pronto Soccorso e manca la loro organizzazione.
Vuol dire che su 100 pazienti che arrivano in PS, 70 non dovrebbero essere lì e questo vuol anche dire che, se in PS potessero andare solo coloro che ne hanno veramente bisogno, il personale attuale dei PS sarebbe numericamente e qualitativamente sufficiente, senza continuare a raccontarci che mancano medici di urgenza.

A tal riguardo l’Assessore alla Sanità ha riversato grande fiducia nelle 99 Case di Comunità che sono in corso di realizzazione con i fondi PNRR, senza specificare però i tempi con cui saranno completate e soprattutto quale personale sanitario andrà a farle funzionare, e di tempo proprio non ne abbiamo più e di personale sanitario, se non rendiamo più attrattiva le professioni sanitarie, ancora di meno.

Sono due visioni del mondo opposte, forse entrambe legittime, ma, come ho già avuto occasione di dire e qui lo ripeto, la sanità dei numeri non è la mia sanità, la mia sanità è quella delle persone, più difficile da misurare numericamente ma la più vicina alla gente e che sa curare anche quando non può guarire, di questo secondo me dovrebbe parlare un Presidente della Regione quando fa un consuntivo di un anno di sanità: di persone.