Riscatto agevolato Inps, quando non conviene A prima vista l’opportunità concessa dal governo di riscattare presso l’Inps gli anni di laurea con un costo ridotto appare vantaggiosa, ma a un’analisi più attenta l’operazione potrebbe non risultare conveniente.
La legge n. 4/2019 ha introdotto il riscatto agevolato anche per coloro che hanno già un reddito personale, al costo di 5.241 euro per ogni anno di studi. Non si tratta di una novità assoluta, in quanto già in passato si era data la possibilità ai neo laureati o ai giovani di prevedere una spesa ridotta. Lo “sconto” tra l’esiguità dell’importo e quanto sarebbe dovuto con le regole generali, a un’attenta analisi delle ricadute future non è tuttavia sempre vantaggioso. Si tratta di un’opzione da valutare con attenzione in particolare per chi ha diversi decenni di lavoro davanti a sé. La ragione risiede sia nelle sempre possibili variazioni legislative, ma anche, è giusto ricordare, dei cambiamenti di rotta dei mercati finanziari dall’altra. Infatti se consideriamo che questa agevolazione potrebbe riguardare, per i più anziani, soprattutto gli attuali quarantenni con laurea conseguita a metà degli anni Novanta, si tratta di una scelta che arriva in un momento piuttosto lontano dal periodo di pensionamento. Per il futuro si prevede infatti che per la pensione Inps si dovrà attendere il raggiungimento dei 67 anni almeno di età anagrafica, oppure 41 anni di contribuzione per aderire alla cosiddetta pensione “anticipata”. Questo significa che per i nati negli anni 70 il riscatto porterebbe benefici ridotti, dato che i traguardi per entrambe le modalità di uscita verrebbero raggiunti quasi in contemporanea. Un ulteriore elemento da considerare è che il contributo modesto sufficiente per ottenere il riscatto degli anni di studi darà una ricaduta altrettanto limitata sull’entità dell’assegno pensionistico. A causa del coefficiente di trasformazione situato in prossimità del 5,5 per cento, i circa trentamila euro di esborso attuale che coprirebbero i 6 anni di laurea porterebbero domani a un incremento della prestazione di poco superiore ai 120 euro mensili. Resta, quindi, il dubbio che l’investimento previsto possa essere indirizzato ad altre forme di risparmio in grado di portare risultati migliori al medico e all’odontoiatra. Uno strumento che potrebbe essere alternativo al riscatto è rappresentato dalla adesione alla previdenza complementare, il cosiddetto “secondo pilastro” previdenziale. Per i medici dipendenti che fanno libera professione c’è anche l’opportunità di chiedere il riscatto all’Enpam.
Rispetto al riscatto Inps, quest’operazione può rivelarsi più vantaggiosa in termini di aumento di pensione (poiché Enpam ha un sistema diverso dal contributivo) o meno costosa.
Claudio Testuzza